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Venezia tra amore e morte
Venezia è diversa. E’ diversa se la guardi nelle foto che innumerevoli riempiono le collezioni di turisti d’oltreoceano quasi a testimoniare lo stupore di chi ha tentato di fermare l’emozioni di fronte alla citta’ sull’acqua, alla citta’ che affonda.
Ed è davvero uno spettacolo unico al mondo muoversi per questa citta’ fatta di mille stradine (le cosiddette “calli”) dove perdersi tutt’altro che improbabile. Respirare i rumori sordi delle mille attivita’ che dalle prime ore del mattino riempiono con il loro fragore sommesso ponti e calli di questo insolito posto dove innamorasi è facile. Sì, anche l’innamoramento, quello stato eccitato dell’animo umano che sempre prende da una condizione della mente magica e misteriosa ha a Venezia il suo porto. A Venezia dove si parla con la forza delle ipotesi meno probabili, l’amore e l’arte di innamorarsi hanno riempito con struggenti ricordi intere biblioteche.
E nella quotidianità di una storia romantica, forse come tante ma non per questo meno eccezionale, si affaccia la realtà di una città che muore mentre vede nascere un amore. ''Global Warning'', si dice ormai utilizzando l’inglese un po’ ovunque. Si parla poi di ''crescita sostenibile'' e quant’altro ma sembra che ancora pochi siano consapevoli della serietà di questi temi.
Cenni storici ed origini
La città di Venezia, capoluogo regionale e di provincia, sorge a quattro chilometri dalla terraferma, nella vasta laguna adriatica che ne porta il nome, posta ad un’altitudine di quasi 2 metri sopra il livello del mare, la città conta circa 330.000 abitanti e si estende su una superficie di 457 chilometri quadri.
L’acqua presente in ogni angolo della città, i canali, gli edifici che sembravo venir fuori dal mare, rendono Venezia davvero unica. La città d’arte è un incomparabile centro culturale, artistico e turistico oltre a vantare una importante sede universitaria.
Le sue origini risalgono all’epoca delle invasioni barbariche, quando alcuni popoli di città venete si rifugiarono nel V secolo dopo Cristo sulle isole della laguna.
In epoca romana prendeva il nome di “Venetia” ed era abitata da pescatori esperti nella costruzione delle imbarcazioni per la navigazione lagunare e fluviale.
A partire dal Seicento, Venezia conobbe una straordinaria stagione culturale e artistica, ma alla fine del XVIII secolo, Venezia iniziò a conoscere il suo declino politico e militare.
Il 2 maggio 1797 ebbe fine la Serenissima e Venezia passò, dopo qualche mese dall’entrata di Napoleone in città, all’Austria, ma quando questa fu sconfitta nel 1866 durante la III Guerra d’Indipendenza, Venezia si unì al Regno d’Italia.
Altre due cose rendono la città di Venezia unica al mondo: il famoso Carnevale di Venezia che risale al X secolo e che è considerata la manifestazione di carnevale italiana più importante dell’anno e la Regata Storica, sfilata delle imbarcazioni – fra cui le splendide gondole – che hanno contribuito ad edificare la storia della città.
"Salvate Venezia, lasciatela morire"
Enrico Franceschini
la Repubblica, 6/6/2006
LONDRA — Salvare Venezia? Forse è meglio lasciarla affondare. La provocatoria proposta è di una columnist del Times di Londra, Rachel Campbell-Johnston, che nella sua rubrica di ieri ha esortato i governi, le organizzazioni internazionali e i veneziani stessi a riconciliarsi con l'idea che nessuna somma di denaro o intervento umano potrà impedire la scomparsa della Serenissima, e che dunque conviene accettarla come un destino inevitabile.
«Meglio assistere alla sua splendida decadenza, fino a una dignitosa morte per vecchiaia, che trasformarla in una Disneyland, una Venezia fasulla e artificiale a uso e consumo esclusivo dei turisti», scrive la commentatrice britannica. Che non è sola a ritenere chela sorte di Venezia sia segnata: lunedì prossimo la Royal Geographical Society ospiterà un dibattito sul tema «E' stato speso abbastanza denaro per salvare Venezia», le cui conclusioni sembrano implicite nel titolo.
La giornalista del Times fornisce qualche cifra, peraltro nota, a sostegno della sua tesi. Questo mese di giugno segna il quarantesimo anniversario della grande inondazione del 1966, quando l'acqua alta ricoprì piazza San Marco e buona parte della città, scrive Rachel Campbell-Johnston: «L'evento serve a ricordarci che Venezia sta affondando. Continua a inabissarsi, al ritmo di 10 centimetri al secolo, da quando fu costruita, e le cose non stanno certo migliorando». L'effetto serra fa alzare più rapidamente il livello del mare. La laguna è infestata dall'inquinamento. E se nella prima decade del ventesimo secolo piazza San Marco veniva ricoperta dall'acqua meno di dieci volte all'anno, ora succede sessanta volte all'anno. Morale: Venezia non si può salvare. La barriera mobile anti-inondazioni, che dopo ritardi e polemiche viene finalmente costruita a un costo di 4 miliardi e mezzo di euro, conclude l'articolista, potrà difendere la città per qualche decennio, ma non potrà risolvere il problema nel lungo termine. Dunque, titola il Times, «se amate Venezia, lasciate che muoia»: anche le piramidi d'Egitto, ultima delle sette meraviglie ancora in piedi, sono erose dal tempo, niente può durare in eterno.
Coincidenza vuole che, nello stesso giorno in cui il quotidiano londinese suona le campane a morto per Venezia, l'Herald Tribune, edizione internazionale del New York Times, la presenti in termini un po' più ottimistici, con un articolo sui gondolieri veneziani e un titolo che suona da incoraggiamento: «Mille anni di età, e continuano a remare». Ma anche il giornale newyorchese sottolinea che Venezia vive ormai solo di turismo e si spopola sempre di più, cinema e negozi di alimentari chiudono, la gente emigra: «Il mio quartiere», dice al Tribune il gondoliere Roberto Luppi, che abita a Castello, «è praticamente morto».
Il rischio è che lo stesso si possa dire per tutta la città.